martedì 8 maggio 2007

Splendida notizia

Un paio di mesi fa ho saputo che un lontano amico aveva fatto un incidente in moto. “Pronto. Ciao! Ma che mi combini? Mi hanno detto che ti sei fatto male. Come stai adesso?” – sono state le mie parole. “Ciao! Cosa vuoi che ti dica? Sono cose che possono capitare! Di certo non faccio pubblicità, ma questa volta ci sono andato proprio vicino.” – mi racconta con voce dispiaciuta ed intonazione di chi l’ha scampata per un pelo.

“Mentre stavo andando in moto una macchina poco più avanti ha deciso di fare un’inversione ad U, senza curarsi più di tanto di chi le stava alle spalle. Ricordo vagamente quello che è successo. Un botto! E poi nulla! E’ stato come morire! Pessimo! Poi mi sono svegliato dolorante all’ospedale. Guarda mi sono spaccato, non ti sto a raccontare.” – dice quasi contro voglia.

Lo capisco, non sono belle cose ne da raccontare ne da sentire. Mi informa che ha già subito un intervento un po’ complicato ed è in attesa di un altro che dovrebbe avvenire entro un mese. E’ passato più di un mese ormai e l’intervento è avvenuto qualche giorni fa. Ci siamo risentiti! “Pronto! Ciao campione! Ti hanno rimesso a nuovo mi hanno detto!” – dico con tono scherzoso.

"Ciao carissimo! Sì, l’intervento è andato bene e questa sera o al massimo domani mi mandano a casa!” – mi replica contento. Evvai questa sì che è una notizia! Un amico/motociclista ha portato la dura pellaccia a casa! Questo post è l’augurio sincero di pronta guarigione a chi, come il mio amico, non ha avuto fortuna ed ha fatto tappa all’ospedale. Guarite presto e tornate subito in sella!

giovedì 3 maggio 2007

Ti porto io

Pensandoci mi viene da sorridere. E’ più o meno un aneddoto quello che vi racconterò in poche righe. Uscendo dall’ufficio mi trovo sprovvisto della mia bici. Scendo in compagnia di colui con casco nero e guanti a seguito dello stesso colore. Mi dice – “Ma la bici? Sei senza?”. “Si, oggi dovevo fare una commissione e sono venuto con i mezzi.” – rispondo. “Dai ti porto io!” – mi dice premuroso. “Ma lascia, prendo i mezzi.” – gli replico. “Maddai, sali in ufficio e prendi il casco che abbiamo nell'armadio. Intanto scaldo la moto.” – insiste.

Rientro di nuovo in ufficio a prendere il casco. Salendo incrocio il guardiano che mi dice pronto – “Che, hai dimenticato la testa?”. Quante botte, penso. “No, devo tornare in ufficio” – rispondo con finta cordialità. Ma si sa, noi ci divertiamo così! Non vi capita mai di avere un rapporto finto cordiale reciproco, senza malizia, ma con un pizzico di bastardaggine? A me si e mi fa sogghignare! Ride sotto i baffi anche l’omino della guardiola.

Scendo con il casco e mi metto a cavallo della TDM 850 nera. Partiti! Che sarà mai, dobbiamo fare solo una decina di minuti di strada. Usciamo dal cancello aziendale e subito contromano a fare i sorpassi. Ecco il perfetto motociclista nel traffico. Un criminale! Mannaggia a te che sorpassi anche quando ti vengono incontro le monovolume che occupano una carreggiata e mezza. Scherzo, ma il capitano non è disciplinato!

Si infila tra le macchine come un ratto, guizza, sguscia e sovrasta. Sorpasso a sinistra. Occhio, ho le ginocchia puntate in fuori come una donna in sala parto! Sverniciata un’auto sulla DESTRA! Occhio, asp.., porc.! Andata! Guarda , aspetta, ok! Andata un’altra! Questo fren.., gir.. Chiaro, a questo punto ci tagli la strada, ci fermiamo noi! Ma come la guidi questa macchina? “Asssasssino!” – sibillato come in Johnny Stecchino. Bella lì! Siamo sotto casa! Sono vivo! Quante botte ti darei e grazie del passaggio... “Come la guidi questa moto? Asssasssino!” - penso ridacchiando.

martedì 1 maggio 2007

30 Aprile 2007

Quello che dirò a molti potrà non piacere, ma non posso tacere il vero. Tardo pomeriggio del 30 aprile. Domani è il primo maggio, si sta a casa. La giornata lavorativa fila via liscia. Ormai siamo verso la fine, manca poco e usciamo. Il viale sotto il nostro stabile è sempre trafficato. Lo ammetto, ogni tanto passa qualcuno a giri decisamente spinti. Diciamo 10 mila. Qualche F16 e MIG22 che rientra sulle due ruote a pieno rombo, scalando di bestia per perdere quel tanto che basta a fermarsi prima del semaforo.

Di tanto in tanto si sentono anche bolidi in direzione opposta. La prima tirata, seconda sparata e terza in lontananza ad una velocità che si può solo immaginare. E quando dico immaginare è perché non li vedo più. Ok, colpevole! Lo ammetto, mi alzo e guardo il matto di turno che tira il motore della propria moto come se fosse in pista. Diciamo che ne ho adocchiato uno veramente allegro ed è quello che dà più soddisfazione. Matto da legare, arriva e se ne parte sempre a velocità pazzesche.

Un “pirata” della strada! E’ ormai un cliente affezionato! Lo si sente spesso quando se ne parte a pausa pranzo frustando di polso la sua Kawasaki da strada. Dicevo, pomeriggio tranquillo qualche moto che passa a pieni giri. La giornata è fosca dal mattino e avendo aspettato per tutto il giorno il cielo accenna timidamente qualche goccia sull’asfalto. Nell’aria si sente l’odore di temporale, quello che si impara da bambini e non si scorda più. L’odore che da ragazzo associ al disappunto dei genitori che ti squadrano quando rientri in casa tutto fradicio.

Ad un certo punto, ormai avendo fatto l’orecchio, si sente un’apertura di gas cattiva. Prima! Fino quasi al limite! Rapido l’innesto della seconda. Il motore non si rilassa e tira fuori i muscoli rapidamente, si gonfia, diventa pieno, cattivo, incazzato, strappa l’asfalto e urla come un guerriero che impugna una micidiale lama che sta per affondare il colpo finale! Lo sento, mi gaso in una frazione di secondo. SPAAAAAAK!!! Silenzio!

Non credo a quello che ho sentito! La moto è muta! Mi affaccio alla finestra e vedo una tanica contenente del liquido che corre lungo un tratto di carreggiata. La visibilità è ridotta a causa delle folte chiome delle alte piante che vedo dalla finestra. Uno specchietto nero che rotola e si posiziona in un punto ben visibile tra le chiome verdi degli alberi. Non ho parole! Il petto si stringe quasi a voler dar tempo di ragionare prima che si possa dire qualsiasi cosa. E’ chiaro che lo schianto è stato disastroso. Quel colpo, secco ed impietoso!

Un camioncino rallenta faticosamente poco oltre la tanica. Deve averla persa lui. Il conducente scende e corre in un punto di strada che non mi è possibile vedere. Il traffico decelera vistosamente. E’ quasi l’ora di punta. I minuti passano. Sembra di essere sul patibolo. Non vedo nulla, non per curiosità, ma per solidarietà mi piacerebbe capire come sta. Non oso associare il rumore che ho sentito con una probabile conseguenza. Devastante! Impietoso! Bastardo! Arrivano i vigili in un istante. A distanza di pochi minuti l’auto medica e l’ambulanza.

Il tempo scorre, non è possibile vedere oltre al camioncino parcheggiato e lo specchietto fermo in mezzo allo squarcio tra le foglie. Un uomo rimuove la tanica da in mezzo alla strada. I vigili si sbracciano dando indicazioni alle auto che devono transitare sul luogo dell’incidente. Si ferma qualche curioso. Un volpone alla guida di un’utilitaria tampona chi lo precede: la curiosità questa volta paga male. Passano diverse moto. Rallentano, probabilmente imprecano e riprendono la loro strada con rispettosa calma.

Saranno duecento metri scarsi in linea d’aria tra me ed il fattaccio. In ufficio la finestra è aperta. Si riprende a lavorare con il cuore in gola ed il pensiero coinvolto. Qualche minuto più tardi una spallata d’aria ci butta nella finestra un suono greve. Non si capisce bene cos’è! Un’altra spallata chiarisce il concetto. Un centauro mal concio che rantola dal dolore viene manovrato dai paramedici. Era meglio non sentire! Passano ancora pochi minuti e parte l’ambulanza a sirene spianate.

Esco dall’ufficio, in compagnia di un appassionato motociclista, vogliamo capire la dinamica dell’incidente. La moto non si vede. Possibile? Dove sarà la moto? Salendo su un muretto la visuale migliora di poco e si intravede una strana sagoma. Cambiamo postazione. Nera e verde! Azzo! Non può essere il Kawa! Una Kawasaki Ninja, sdraiata a pancia in su, lamenta vistosamente la lontananza del proprio centauro.

Fesso! Questa è il titolo giusto! Il tuo centauro è un fesso! Perché? Domani te ne stavi a casa in ciabatte tutta la mattina ed al pomeriggio andavi a farti il tuo giro in moto. Che cosa hai dimostrato? Che sei bravo a schiantarti contro un camioncino? Ne valeva la pena di spaccarsi in piena accelerazione? Sicuramente non sei un bravo motociclista, sei solo un coglione. Così come lo sono io ogni volta che mi emoziono a sentire gente come te che scanna il motore della propria moto in mezzo al traffico.

Mi dispiace, te lo dico con il cuore in mano, avrei voluto sentire entrare la terza. Vorrei saperti malconcio, ma recuperabile. Questa volta non ti sei proprio regolato. Chi lo sa? Forse l’eccessiva confidenza, forse l’asfalto truffaldino o la sterzata improvvisa del camion che ti precedeva. E’ chiaro che ora avrai maggior rispetto per la tua vita e per la signora che hai abbandonato sull’asfalto. Grazie! Grazie! Grazie grande così a te, che fai capire a pivelli motociclisti come me che ci vuole rispetto.

Rispetto per la vita! Rispetto per le persone che ti stanno attorno! Rispetto per il mezzo! Tu hai rispettato solo la stupida legge di chi si schianta per fare spettacolo! Ripensaci ed arrabbiati così come lo sono io con te! Pensa ai genitori, alla moglie o ragazza che hai! Non hai avuto misura!

Il cielo ti ha visto, ti ha aspettato, ma non ha retto la situazione e si è commosso in un timido pianto. Le lacrime scivolano sulla carena verde e cadono sul ruvido asfalto come a voler lavare la colpa di non aver potuto evitare. E’ andata! Ti auguro di recuperare in fretta ed imparare a pensare oltre al polso! Ciao Kawa!