martedì 21 agosto 2007

I mille

Riecchemi, le cose da dire sono tante, ma continuo il racconto degli eventi in ordine cronologico. Ritirata la moto, il primo pensiero è di rodarla e nel mio caso, visto che sono un pivello, toccherà anche di imparare a guidarla seriamente. In città non è divertente fare i giri, ma a detta di molti per i primi chilometri è l’ambiente ideale. Il motore non sarà messo a bacchetta dal polso piuttosto a riposo grazie all’occhio rosso dei semafori.

L’odore del nuovo persiste nel vestiario, casco, guanti e moto. Si sente il misterioso profumo dell’elevata tecnologia che è tutt’altro che profumo di rose, ma non per questo meno intrigante. Chiave in posizione on, si accendono le spie e le lancette dei contagiri e della temperatura percorrono il quadrante fino a fondo scala per poi rimettersi a riposo. La spia verde della “folle” aspetta che qualcuno svegli il motore. Mezzo sussulto ed il sibilo con un leggero borbottio si diffonde attraverso i terminali di scarico. La voce è discreta, piena e non chiassosa. Il secco stacco dell’innesto della prima marcia prepara il motore al lavoro. La leva della frizione con delicatezza torna a riposo ed il motore prontamente prende per mano la dama in nero e la porta con sé.

Dopo poco mi rendo conto che la moto è proprio bella, sembra fatta su misura per me, addirittura più di quello che mi sarei potuto aspettare. C’è del vero feeling e lo vorrei conservare. Mi sento bene, ma percorse le prime decine di chilometri mi rendo conto che è la moto che porta me e non il viceversa. Mi sorge spontaneo domandarmi se devo correggere qualcosa nella mia guida. Con ogni probabilità sì. L’insicurezza nell’impostare le curve e la mancanza di sensibilità tra la marcia innestata ed il numero dei giri mi procurano qualche grattacapo.

Tutti lo dicono: il bicilindrico strappa un po’ ai regimi minimi. Faccio proprio fatica a tenerla sopra i 3000 giri, il piede “butta dentro” le marce e poi appena si rallenta di qualche chilometro si dimenticata di “scalare”. Come risultato mi trovo all’improvviso abbracciato ad uno di quei massaggiatori che tanto andavano di moda negli anni 80, avete capito benissimo, quello che fa vibrare le prorompenti curve della miss di turno. Ok, devo prestare attenzione e tenerla su di giri la mia dama. All’impostazione delle curve sarà l’esperienza a darmi una mano e per ora posso anche andare piano.

L’accelerazione della moto provoca uno stato di eccitazione e di soddisfazione! Il mezzo risponde subito, forte e chiaro. Ed ora subentra un fattore con cui ogni novello motociclista in un percorso cittadino potrà facilmente fare l’incontro. Il pavé dissestato! E’ una tragedia! La manopola dell’acceleratore è particolarmente sensibile, il mio polso ancora per nulla. Entrare in una strada di pavé che sembra un enorme wafer increspato, è un’esperienza da brivido. Si è ad un bivio. Vado piano, e quando dico piano intendo 30 km/h, beccandomi gli insulti di coloro che mi seguono oppure aumento di una decina di chilometri la velocità e mi faccio un giro sul cavallo pazzo che strappa le braccia? Viene da sé che ho scelto di farmi strappare le braccia. Che sballottata! Poi si scopre che con un po’ di chilometri alle spalle il pavé si può gestire un po’ meglio. Il polso si rilassa e la sicurezza aumenta.

Per giorni a girare come un matto, soprattutto alla sera dopo il lavoro. Tutto per rodare il motore e alla fine è arrivato il giorno! Salgo in sella, giro la chiave e vedo il contachilometri che segna 999km. Fantastico, mi dico, ora vedrò quando diventeranno 1000km. Pochi metri di strada e comincia a piovere. Visiera piena di gocce, pantaloni umidi, asfalto a parer mio sembra di ghiaccio, io rigido come un bastone, mi dimentico tutto. Parcheggio la moto 1002km! Che pacco, ma chissene importa! Ora devo solo cercare un concessionario che abbia l’officina per fare il tagliando dei mille. Quello che mi ha venduto la moto si può attaccare al tram. Ciaooo!

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