venerdì 21 dicembre 2007

Lusso sfrenato

Questa notte la mia fata ha dormito fuori incustodita. Un po’ di preoccupazione, ma alla fine infondata. Sono le sette del mattino e vestito da combattimento, stivale, pantalone imbottito, giaccone, sottocasco più bandana e guanti invernali mi accingo a compiere una trasferta mattutina. Lei si fa trovare in ordine e sussurra timida appena le chiedo un po’ di attenzione. Si risveglia facendo le fusa e recupera il calore che le è mancato nella fredda notte.

Rassicurato da una consulenza di un motociclista incontrato il giorno prima ad un semaforo, mi aspetto di trovare l’asfalto privo di brina. Faccio la prima curva ed in un istante l’assetto cambia e mi riattivo come un gatto indispettito nel bilanciare la scodata che già mi aveva visto per terra dopo venti metri di strada. Ho perso il posteriore, mi sembrava di essere in derapata (un controsterzo effettuato normalmente in occasione di una forte frenata; Valentino Rossi ne è un maestro) ad una velocità ridicola. Cosa vuoi pretendere a gomme e asfalto freddi? Alla fine solo uno spavento! Una botta di adrenalina e sono concentrato più che mai.

Passo sopra l’insidioso porfido e a poche decine di metri ritrovo nuovamente l’asfalto, questa volta completamente umido. L’intenzione è di fare un’ora di viaggio, ma se è questa la condizione del manto stradale temo seriamente di non farcela. Non mi perdo d’animo e comincio a “pelare il gas” nelle curve (“pelare il gas” significa fare le accelerazioni con estrema cautela) stando abbottonato anche con i freni. Presto mi rendo conto che potrei pelare anche un chilo di patate mentre guido. Sto procedendo ad una lentezza inaudita per una moto. Del resto è un battesimo sul campo. Non ho mai guidato per tanto tempo con asfalto umido e soprattutto nel mese di dicembre.

Tra una patata ed un’altra sono costretto a fare il motociclista rompiscatole che si infila tra le macchine nel traffico, prima da destra, poi da sinistra, dopo ancora sorpassa la coda ferma contro mano. Un delinquente con la patente A3, la quale certifica che sono abilitato a delinquere. Aaah, che meraviglia! Finalmente si vedono i primi raggi di un sole nascosto ancora dietro la collina. Almeno così sono sicuro che mal che vada sarà una bella giornata di sole e probabilmente più avanti troverò anche l’asfalto già asciutto. Scollìno e ooooh! Prati bianchi brinati completamente!

Accidenti!!! Ho il sole negli occhi e non sono sicuro che l’asfalto sia come me lo aspetto: non bianco. Fortunatamente è solo lievemente umido. C’è poco da divertirsi a guidare, ma il paesaggio circostante è fiabesco. La luce mattutina corre lungo il manto d’erba diamantata che prolunga l’orizzonte verso dove il cielo è ancora cupo ed addormentato. Guidare la moto sopra un serpente sfuggente i cui fianchi sono insidiati da limpidi cristalli di ghiaccio è proprio un bel lusso! Mi sento bene!

E’ freddo! Le mani sono sempre sotto stress! Le dita si ricoprono di ruggine e le articolazioni bloccate dall’ossido stentano a muoversi. La frenata è più faticosa del solito. Nel pinzare la leva del freno tocca soffrire in silenzio, ma per il piacere di guidare questo ed altro. La pelle sulle dita in alcuni punti ha dei dolorosi tagli, guadagnati nel pomeriggio del giorno prima passato in moto a fare la spoletta tra due città. Il vento gelido (che da fermi non c’è), da pugile professionista che è, infila cazzotti dritto dove fa male. Le mani diventano lentamente di un altro corpo. Strano e bello, sa di vissuto!

Le tante scatole di latta che corrono davanti, dietro e al fianco si stanno concentrando sempre di più come piccoli globuli che stanno per incontrare un’arteria ostruita. Così è! Il traffico rallenta e passa in modalità frenesia di movimento. La banchina (parte laterale della strada oltre la linea continua che delimita la dimensione della carreggiata) è larga un metro ed è sgombra. Frenesia di movimento confermata: sequenza di inizializzazione effettuata con successo. Io ho la moto e posso! Più avanti vedo una station-wagon che sta camminando con due ruote sulla banchina e le altre due tra le buche disseminate lungo il ciglio stradale. E’ PAZZO!

Ho sufficiente asfalto per non essere troppo vicino alle macchine ferme e la giusta velocità per rallentare in tempo a causa di qualche furbastro che si butta tutto sulla destra. Insomma, diversi chilometri fatti sulla banchina con lo sguardo da ninja puntato sulle casette di latta che ogni tanto accennano stizzite qualche metro di strada in preda ad un generale nervosismo.

Sono in città e qui le cose sono più semplici, ormai la strada è asciutta da un pezzo e l’unica preoccupazione è quella di rispettare la scaletta delle cose da fare. Trasferimento completato. Ad un paio di chilometri dalla destinazione mi infilo tra due auto ferme e sono avanti a loro di un abbondante metro. Stiamo vicini vicini. Il fitto traffico tutto intorno riparte ed anche noi vorremmo. Quando, mi sento la carrozzeria dell’auto alla mia sinistra sulla mia coscia. Sono ancora fermo! Mi è venuto lievemente addosso con la sua Fiat Punto.

I miei occhi sono diventati rossi iniettati di sangue. Vi risparmio le belle cose che sono uscite dalla mia bocca. Bisogna avere proprio dei bei problemi di vista per ignorare una moto davanti a sé e senza nessun motivo andarci addosso. Roba da far west! La verità è che chi guida l’auto ha un’invidia inimmaginabile di quello che può fare un motorino o una moto nel traffico. Non si può avere tutto. Vuoi andare a spasso con una grossa capsula riscaldata ultra inquinante ed ingombrante? Allora stai fermo nel traffico come fanno tutti quelli come te e zitto!

Beh, alla fine il bilancio del viaggio è ultra positivo. La mia fata non mi vuole proprio deludere!!! Le mani a pezzi, ma la soddisfazione è totale!

Nessun commento: